Caro carburanti, il 19 marzo verso il blocco dell’autotrasporto

Autostrasportatori sul piede di guerra a causa dell’impennata dei costi dei carburanti dopo la bocciatura degli interventi varati dal governo che, di fronte allo scenario di nuovi blocchi dei tir, che potrebbero avere ripercussioni sul piano degli approvvigionamenti – in Italia l’85% dei beni viaggia su gomma; uno stop vorrebbe dire meno rifornimenti di merce al commercio e una inevitabile, ulteriore, impennata dei prezzi – tenta di raggiungere una mediazione.
La Commissione di garanzia per gli scioperi ha bloccato il fermo annunciato da Trasportounito per il 14 marzo ma lo stato di agitazione rimane e Unatras ha già previsto manifestazioni per il 19 marzo (anche Confartigianato Trasporto con le imprese pugliesi e Fai-Conftrasporto hanno fatto sapere che i giganti della strada saranno fermi per quella data).
I sostegni sono attualmente pari a 80 milioni, ma non riguardano il caro-carburante. In particolare, il decreto Energia (atteso il 28 marzo in aula alla Camera per passare poi alla seconda lettura in Senato) stanzia 20 milioni di euro per il 2022 per la riduzione dei pedaggi autostradali. Tra le altre soluzioni, 5 milioni destinati ad implementare la deduzione forfettaria per le spese non documentate. Previsto anche un credito d’imposta pari al 15 per cento al netto dell’Iva finalizzato all’acquisto dell’Ad-Blue per un investimento complessivo di oltre 29 milioni di euro, un credito d’imposta pari al 20 per cento al netto dell’Iva per sostenere l’acquisto di Gnl (gas naturale liquefatto), con un investimento complessivo di 25milioni di euro.

Gli autotrasportatori sottolineano che il problema va affrontato subito, e che la soluzione non è più rinviabile. Gli 80 milioni – mettono in evidenza – non risolvono i nodi. Chiedono di rivedere la clausola del gasolio nei contratti di trasporto e intervenire a livello fiscale oppure con ulteriori agevolazioni. In particolare sono in pressing per ottenere dall’esecutivo la sterilizzazione delle accise sui carburanti, ma l’operazione potrebbe avere due punti deboli. Il primo: una parte dei proventi della tassazione spetta alle Regioni. Secondo: le accise dell’autotrasporto sono già contenute, quindi un eventuale colpo di spugna avrebbe un impatto contenuto, e non migliorerebbe di molto la situazione.
Di diverso avviso l’Unem, l’associazione che rappresenta le aziende di raffinazione stoccaggio e distribuzione di prodotti petroliferi e energetici low carbon, il prezzo rilevato alla pompa in Italia «prima delle tasse» è più basso di 9,7 cent/litro sulla benzina e di 14,2 cent/litro sul gasolio «rispetto alla media Europea». Per cui, è la conclusione, non potendo agire sul prezzo industriale «occorre intervenire sulla fiscalità che rappresenta oltre la metà del prezzo finale». E poi comunque eventuali interventi vanno concordati con la Commissione europea. Una soluzione potrebbe essere un credito di imposta per le aziende del settore, da riconoscere nel momento in cui da Bruxelles dovessero giungere segnali di una maggiore disponibilità ad allargare le maglie nell’ambito delle regole sugli aiuti di Stato.

Michelangelo Milazzo

Giornalista professionista

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