Trump congela i dazi, rinviato rischio per l’equilibrio del commercio marittimo
Dettata dalla pressione internazionale, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha fatto marcia indietro sui dazi. Una sospensione dell’ultimo minuto, arrivata a poche ore dall’entrata in vigore di una misura che avrebbe potuto sconvolgere anche l’equilibrio del commercio marittimo internazionale.
Così Donald Trump ha pure congelato i nuovi dazi sulle navi costruite in Cina, annunciando la decisione con un post sulla piattaforma Truth Social. Un messaggio breve, ma carico di conseguenze, che secondo il Wall Street Journal sarebbe stato redatto direttamente dallo Studio Ovale, alla presenza del segretario al Tesoro, Charles Bessent, e del segretario al Commercio, Howard Lutnick. La retromarcia dell’ex presidente – e ora candidato repubblicano in corsa per le elezioni del prossimo novembre – non è nata dal nulla. Secondo quanto riportato dal quotidiano statunitense, si sarebbe trattato del risultato di una “campagna insistente da parte di dirigenti d’azienda, legislatori, lobbisti e leader stranieri”. Un fronte compatto che ha sottolineato i rischi sistemici dell’introduzione di dazi fino a 1,5 milioni di dollari per ogni scalo in un porto americano di navi costruite nei cantieri navali cinesi.
Una misura che, almeno sulla carta, mirava a colpire la dipendenza dalla manifattura cinese, ma che nei fatti avrebbe potuto avere effetti dirompenti sull’economia globale.
A farsi sentire, tra gli altri, anche diversi operatori italiani. A sottolinearlo è il Centro Studi di Confitarma, la Confederazione Italiana Armatori, che ha recentemente pubblicato un dettagliato studio intitolato “Possibili impatti dei dazi USA sull’industria dello shipping italiano”, in risposta all’indagine dell’Office of the United States Trade Representative (USTR) sulle pratiche commerciali della Cina. Il quadro tracciato è tutt’altro che rassicurante: secondo lo studio, le ipotetiche tariffe avrebbero potuto generare sovraccosti fino a 52 miliardi di dollari per l’intera filiera dello shipping internazionale. Una cifra che, tradotta in termini pratici, avrebbe significato un drastico calo della competitività per l’intero settore, con ripercussioni a cascata anche sull’industria manifatturiera europea, italiana in primis. L’Italia, del resto, ha un rapporto commerciale particolarmente intenso con gli Stati Uniti. Washington è il primo partner extra-UE per le esportazioni italiane – con un valore superiore ai 63 miliardi di euro – di cui ben il 60% viaggia via mare. Sul fronte delle importazioni, gli USA sono il secondo paese fornitore dopo la Cina, per un valore di quasi 26 miliardi, anch’essi in gran parte trasportati via nave. In termini fisici, i numeri sono ancora più eloquenti: quasi il 100% delle merci importate e il 98,2% di quelle esportate tra Italia e USA si muovono attraverso le rotte marittime. Ecco perché una misura protezionistica di tale portata avrebbe potuto trasformarsi in un vero e proprio boomerang per le stesse imprese americane. Non solo in termini di costi logistici, ma anche per l’impatto indiretto sul prezzo finale dei beni di consumo. Il rapporto di Confitarma fornisce anche un’analisi dettagliata della flotta italiana: oltre il 17% delle unità in servizio sono state costruite in Cina. E guardando al futuro, la dipendenza diventa ancora più evidente: l’84% delle nuove navi attualmente in ordine e in consegna entro il 2028 proviene da cantieri cinesi. Le categorie più esposte? Navi da carico secco, traghetti, chimichiere e petroliere, ovvero le colonne portanti dell’import-export marittimo. Attraverso tre casi studio, il report italiano evidenzia come l’introduzione dei dazi avrebbe potuto colpire direttamente i consumatori statunitensi, ma anche quelli europei. Un aumento dei costi di trasporto marittimo si traduce infatti in una contrazione della domanda americana di beni importati, influenzando negativamente l’intera catena del valore. La vicenda dei dazi rimane, dunque, un nodo delicato in cui si intrecciano economia, geopolitica e strategia commerciale. La decisione di Trump, almeno per ora, ha evitato uno scontro commerciale diretto con l’Europa. Ma il rischio di una nuova stagione di protezionismo non è affatto scongiurato. Per l’Italia, la lezione è chiara: diversificare la filiera navale e rafforzare la voce del comparto dello shipping nelle sedi internazionali resta una priorità per non farsi trovare impreparati in un futuro in cui le acque della geopolitica potrebbero tornare ad agitarsi.