Tassazione sui porti, ultimatum Ue all’Italia. Insorgono i sindacati

L a Commissione Ue ha chiesto all’Italia di abolire l’esenzione dalla tassa sulle imprese concessa ai porti, provocando la reazione di imprese e sindacati del settore. “Se le autorità portuali generano profitti da attività economiche, devono essere tassate come le altre società. La decisione di oggi per l’Italia – come in precedenza per Paesi Bassi, Belgio e Francia – chiarisce che esenzioni ingiustificate distorcono la concorrenza e devono essere rimosse”, ha detto la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager. Dal momento che l’esenzione dall’imposta sulle società per i porti esisteva già prima dell’entrata in vigore del Trattato nel 1958, questa misura è considerata “aiuto esistente”, sottolinea la Commissione, e quindi l’Italia non ha l’obbligo di recuperare la tassa non pagata in passato. Ma ora deve “prendere le misure necessarie” per assicurare che dal 1° gennaio 2022 le norme fiscali sui porti siano allineate a quelle delle altre società. La Commissione aveva chiesto all’Italia di allineare le sue norme già a gennaio 2019, e a novembre 2019 aveva avviato un’indagine approfondita per valutare se l’esenzione italiana fosse compatibile con le regole sugli aiuti di Stato.

Oggi, dopo aver concluso la sua valutazione, la Commissione ritiene che “l’esenzione dall’imposta sulle società concessa ai porti italiani fornisce loro un vantaggio selettivo, in violazione delle norme Ue. In particolare, l’esenzione fiscale non persegue un chiaro obiettivo di interesse pubblico, come la promozione della mobilità o del trasporto multimodale. Il risparmio fiscale generato può essere utilizzato dal porto per finanziare qualsiasi tipo di attività o per sovvenzionare i prezzi praticati dai porti ai clienti, a scapito dei concorrenti e di una concorrenza leale”.

Cauto il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli (nella foto): «Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – ha assicurato – ha avviato un confronto con la Commissione Europea sul tema della tassazione dei porti, un dialogo costruttivo per la definizione di una soluzione adeguata. Siamo impegnati – ha precisato la ministra – a risolvere il tema della tassazione senza penalizzare il sistema della portualità italiana e chiedendo tutta la flessibilità necessaria per valorizzare al massimo le attività con una valenza pubblica svolte dai porti. A breve arriveremo a una proposta da formalizzare alle autorità europee in accordo con tutti gli attori del settore».

Da Federagenti, Federlogistica Conftrasporto e Assarmatori Conftrasporto invece è arrivato un fermo no alle tasse imposte dalla Ue sui porti italiani. “Si tratta – reagisce Gian Enzo Duci, presidente di Federagenti e neo-vice presidente di Conftrasporto – di un intervento che temevamo e su cui avevamo già espresso il timore che l’Unione potesse usare “occhiali nordeuropei” per leggere il sistema portuale italiano. Ora è indispensabile che il Governo chiarisca e perimetri in maniera accurata quali sono le attività gestite dalle AdSP che dovranno essere qualificate come imponibili indicando i ricavi ed i costi da prendere in considerazione”.

“È necessario – prosegue Merlo, presidente di Federlogistica Conftrasporto – che la risposta del governo italiano sia ferma e immediata. Imporre sulle Autorità portuali forme di tassazione analoghe a quelli delle società private senza entrare nel dettaglio delle attività regolate, significherebbe distruggere l’intero sistema sul quale si regge la portualità italiana. Il rischio è quello di imporre extracosti che si ripercuoterebbero sull’efficienza del sistema e anche sulle società concessionarie”.

“Un conto è adempiere a un obbligo di armonizzazione europea, che non crediamo possa discutersi, un altro è creare un ostacolo alla già difficile attività delle nostre Autorità di Sistema Portuale” afferma Stefano Messina, presidente di Assarmatori-Conftrasporto. Da parte loro Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti chiedono di “individuare una soluzione, volta a salvaguardare l’attuale sistema”.

“Se fosse necessario – scrivono in una nota – si deve ricorrere alla Corte di Giustizia dell’Ue perché il nostro sistema è sano e trasparente, non si configura alcuna concorrenza sleale e merita il giusto e dovuto rispetto”. Le tre organizzazioni sindacali esprimono forte “preoccupazione per la tenuta del nostro sistema portuale, considerando la sua evidente strategicità nazionale oltre al conseguente stravolgimento della legge 84/94 che ne regola il contesto”. “E’ assolutamente sbagliato ed improponibile paragonare le nostre Autorità di Sistema Portuale, enti pubblici non economici, a qualunque altra impresa – sottolineano tra l’altro – e conseguentemente sostenere che i canoni si configurano come utili e quindi da tassare. Il ruolo delle AdSP, svolto per conto dello Stato, è assolutamente rivolto al funzionamento dell’ente pubblico e allo svolgimento delle sue funzioni pubblicistiche che non perseguono fini di lucro, svolgono funzioni di affidamento e controllo delle attività finalizzate alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale con precisi compiti di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali. Scongiuriamo fortemente e ci opporremo con determinazione – concludono Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti – alla trasformazione delle nostre AdSP in SpA che devono restare pubbliche a difesa dell’interesse generale affinché i nostri porti possano davvero continuare ad essere asset strategico per il Paese e la stessa Europa”.

Pin It on Pinterest